Nei dibattiti sull’occupazione in Italia salta sempre fuori un leit-motiv costante: il costo del personale. Effettivamente quanto costa un dipendente al datore di lavoro?
Il risultato del calcolo costo lavoro per la nostra attività è pari all’incirca al doppio del guadagno netto di un dipendente. Sono stime non calcolate al centesimo e che variano in base alla tipologia di contratto, ma comunque il rapporto “1:2” non si discosta troppo dalla realtà.
I fattori che determinato quanto costa un dipendente
Il calcolo costo di un dipendente dipende da diversi fattori, eccoli:
- Il RAL (retribuzione annua lorda);
- Gli oneri previdenziali;
- Il TFR (trattamento fine rapporto);
- La tredicesima e la quattordicesima;
- Il costo dei locali dove si svolgerà l’attività lavorativa, tenendo naturalmente conto anche del versamento mensile delle utenze;
- Il costo dell’attrezzatura di lavoro da fornire ai propri dipendenti;
- Eventuali rimborsi per trasferte.
Che cos’è il RAL?
La riflessione sulla domanda “quanto costa un dipendente?” parte proprio dal RAL, acronimo di retribuzione annua lorda.
Essa varia in base alla tipologia di contratto e all’inquadramento economico a cui il lavoratore è sottoposto. Consiste in tutti gli emolumenti, ovvero la cifra che ogni anno un datore di lavoro sborsa per garantirsi le prestazioni lavorative di un suo dipendente.
La tassazione non colpisce solo il datore di lavoro: su questa somma percepita il lavoratore dovrà pagare una fetta consistente di tasse, come ad esempio l’Irpef, ovvero l’imposta sul reddito per le persone fisiche.
Non facciamoci però ingannare dal nome. Nonostante venga definita come retribuzione annuale lorda non comprende nel calcolo le spese che noi datori di lavoro dovremo sostenere per la contribuzione previdenziale e assistenziale.
E allora quanto costa assumere un dipendente?
Contributi previdenziali e assistenziali
Nel calcolo del costo dipendente, oltre al già citato RAL, bisognerà tenere conto di tutti gli oneri previdenziali e assistenziali, i quali verranno versati rispettivamente ad INPS ed INAIL.
Per rendere il tutto più chiaro facciamo un esempio pratico.
Mettiamo caso di essere a capo di una piccola azienda metalmeccanica. L’impiegato preposto alla gestione dell’ufficio acquisti è stato contrattualizzato con un 3° livello del settore “Metalmeccanici Industria” previsto dal CCNL (contratto collettivo nazionale).
In questo caso verseremo al nostro impiegato una cifra lorda per le sue competenze di circa 1.765 euro, al quale si dovrà aggiungere a tale somma una percentuale superiore al 30 % per i contributi INPS (quindi 569 euro).
Dopo i contributi INPS vanno calcolati quelli relativi all’INAIL. A quanto ammontano? In questo caso la percentuale è molto più bassa: di poco superiore all’1 %, ovvero 23 euro.
Bisogna calcolare ancora l’IRAP, l’imposta sulle persone fisiche che abbiamo avuto il piacere di incontrare poche righe fa. La percentuale per questo contributo si attesta intorno al 4 %. Tradotto in moneta corrente significa altri 72 euro da versare.
Quanto costa un dipendente? Non ci resta che sommare per ottenere l’effettivo costo del personale. La somma finale risulta 2.429 euro.
Il TFR (trattamento fine rapporto)
Il TFR, ovvero il trattamento di fine rapporto (detto anche comunemente liquidazione), è una parte di retribuzione che viene versata al lavoratore subordinato una volta cessato il rapporto di lavoro.
Il versamento spetta interamente all’azienda.
Come si calcola? Il TFR è uguale alla somma, per ogni anno di servizio, della retribuzione utile divisa per 13,5.
Tornando al caso del nostro impiegato, per la sua liquidazione dovremo accantonare mensilmente 121 euro.
Perciò quanto costa un dipendente al mese? L’ammontare sale a 2550 euro.
Tredicesima e quattordicesima
Non conteggiando le ferie obbligatorie (4 settimane all’anno) un nostro dipendente lavora per 12 mesi all’anno, al quale verranno aggiunte altre 2 mensilità.
La tredicesima e quattordicesima sono obbligatorie per legge e sono istituite per incentivare i consumi durante alcuni periodi dell’anno. Non a caso vengono versate durante il periodo natalizio ed estivo, mesi in cui si è più propensi a spendere per regali e vacanze.
Come cambia il costo del lavoro con il nuovo “Decreto Dignità”?
Il 7 agosto di quest’anno il Senato ha convertito in legge il Decreto Dignità, e numerose sono le modifiche rispetto al precedente Jobs Act emanato sotto la legislatura di Matteo Renzi.
Cambia così la regolamentazione del mercato del lavoro. Quanto costa un dipendente con i nuovi provvedimenti?
Quanto costa un dipendente con contratto a tempo determinato
La modifica più significativa per questa tipologia di contratto sta nella durata: l’utilizzo massimo sarà di 24 mesi, contro i 36 previsti dalla vecchia legislatura.
E i costi? Dopo 12 mesi dalla stipula di un contratto a tempo determinato, la contribuzione aumenterà dello 0,5 % ad ogni rinnovo.
Cambiano anche gli indennizzi in caso di licenziamento. Nel caso fossimo a capo di un’azienda con più di 15 dipendenti e licenziassimo uno di loro senza giusta causa, dovremo versare una quota che potrà ammontare fino a 36 mensilità.
L’indennizzo minimo in caso di licenziamento passa da 4 a 6 mensilità.
Quanto costa un dipendente con contratto a tempo indeterminato
Il decreto prevede la proroga anche per gli anni 2019 e 2020 dello sgravio già in vigore per l’anno in corso dedicato a chi assume lavoratori a tempo indeterminato.
Nel caso assumessimo giovani fino a 35 anni la contribuzione sarà decurtata del 50 % per 3 anni. Sicuramente una riduzione di tale entità è un ottimo incentivo, ma poniamo particolare attenzione ai vincoli:
- se decidessimo di delocalizzare la nostra attività entro i successivi 5 anni dall’ottenimento dell’aiuto di Stato saremmo sottoposti a sanzioni che andranno dalle 2 alle 4 volte l’importo ricevuto;
- anche senza delocalizzare l’azienda, il contributo verrà sospeso nel caso di riduzione del 10 % dell’unità occupazionali presenti.
Spero che questa breve e semplice guida sia stata in grado di fornirti valide delucidazione sul quesito “quanto costa un dipendente?”.
Sappiamo che il costo del lavoro è eccessivo e ogni legislazione fatica sempre a trovare la giusta strada per semplificare la vita (e le tasche) a noi imprenditori, ma è anche vero che regolarizzare le nostre risorse è giusto per non favorire la proliferazione del lavoro nero.
Una tipologia di lavoro che non fornisce alcuna garanzia ad entrambe le parti e che potrebbe anche costarti parecchio visto che si tratta di una pratica assolutamente illegale e condannabile.
Se non ritieni di poter coprire quel costo, allora sarebbe meglio posticipare la decisione di assumere un dipendente optando per un’altro tipo di figura junior di minor costo, come ad esempio un tirocinante, da poter formare all’interno della tua azienda e, in futuro, magari, inglobare all’interno del tuo organico.
A questo punto non ti resta che armarti di calcolatrice e stabilire quanto potrebbe costare assumere una risorsa. Ma prima dai un’occhiata alla nostra guida aggiornata a tutte le tipologie di contratto di lavoro attualmente sottoscrivibili nel nostro paese.
2 risposte
Come appena detto in un altro sito…
Da questo articolo si capisce perchè le imprese non hanno fondi per l’innovazione, la produttività, la formazione, i riconoscimenti ai collaboratori.
Tutti vessati dunque, impresa e chi ci lavora.
Poi almeno, queste tasse fosse spese bene.. e invece vediamo che ..
Complimenti per la chiarezza dell’articolo (anche a voi come all’altro)
Ciao Luca, grazie averci scritto e per il tuo feedback. Sappiamo che in Italia il costo del lavoro è un problema importante, aspettiamo misure che possano portare vantaggi alle aziende e di conseguenza riescano a migliorare il rapporto lavorativo dei dipendenti e i costi aziendali.