Quando conviene investire in startup in crisi?
Esistono molti modi per partire con un’iniziativa imprenditoriale, e non sempre il percorso parte da una propria idea. Sono tantissime le storie di successo di start-upper che hanno fatto leva su idee di altri, sfruttando il fatto di avere proprio quelle qualità che mancavano per far decollare l’azienda.
Solo per fare un esempio, quando Steve Jobs decise di investire nella Pixar, l’azienda era solo una promettente software house nel mondo dell’animazione con eccellenti tecnologie e ottimi esperti, ma non era certo in crescita e anzi, le prospettive apparivano incerte. Jobs proveniva da un mercato totalmente diverso ma fornì a quella piccola società sia il capitale e sia la visione, permettendo ai suoi manager di esplodere in pochi anni e monetizzare con una clamorosa exit con la vendita a Walt Disney Co.
Il re-startupper è un imprenditore che decide di investire in startup in crisi, ma è tutt’altro che un approfittatore.
La crisi può essere infatti dovuta a circostanze ben precise e non necessariamente date dal fallimento del modello di business o dall’incapacità dei manager. Fornire la liquidità necessaria e un piano di rilancio è quindi un atto coraggioso ed etico che, se ben gestito, può sicuramente risultare in un ottimo affare.
Investire in startup entrate in una situazione d’instabilità può essere l’occasione giusta per accelerare il proprio percorso imprenditoriale quando si è a corto idee ma si ha lo spirito giusto.
Prima di tutto, per trovare l’opportunità ideale, occorre cercarla meticolosamente e saperla valutare con estrema attenzione. Ci si può affidare al proprio network personale, anche per poter valutare eventuali referenze degli imprenditori, oppure guardare al mondo delle start-up acquisendo notizie dall’ecosistema. In alternativa, è possibile rivolgersi a società d’intermediazione che agiscono in base ai requisiti che si hanno per facilitare il contratto e l’eventuale trattativa.
L’acquisto delle quote può avvenire utilizzando la propria disponibilità o si può anche pensare di facilitare una propria entrata attraverso un fondo d’investimento in cui non necessariamente si possiede una partecipazione.
L’importante in un’operazione del genere, è assicurarsi la certezza di poter influenzare le decisioni con ruolo manageriale ben definito e il posto all’interno del consiglio di amministrazione.
Investire in startup in crisi: i 3 requisiti di un re-startupper di successo
Ma quali sono le qualità che deve possedere un re-startupper per investire con successo in startup in difficoltà?
1. Capacità analitiche
Posto che si ha una propria visione sul mercato di riferimento e sulle potenzialità di sviluppo dell’impresa in cui si è investito, è fondamentale avere delle lucide capacità di analisi sia per valutare gli asset e quello che di positivo deve essere preservato e sia per identificare invece le aree su cui intervenire.
In altre parole, è indispensabile saper ricostruire il patrimonio aziendale fatto dalle risorse umane, dalle tecnologie e le proprietà intellettuali, dai clienti e dai fornitori.
È necessario dare l’impulso vitale attraverso un cambio di governance, la condivisione di un business plan rinnovato, e soprattutto contribuire alla pianificazione del rilancio con spunti strategici puntuali.
Un re-startupper ha soprattutto il compito di identificare che cosa è andato storto e progettare una soluzione di lungo periodo. Se la mancanza di liquidità è il problema più comune, non basta certo limitarsi a un ri-finanziamento. Occorre piuttosto capire come valorizzare il prodotto, cercare economie di scala e raggiungere l’efficienza attraverso un’adeguata strategia commerciale.
2. Ascolto ed empatia
La soluzione non è mai “stravolgere”, ma piuttosto ascoltare con pazienza le persone che fino a quel momento hanno gestito il business.
È sconsigliabile pensare di poter avere tutti gli strumenti per rilanciare un’azienda in crisi senza il confronto con l’imprenditore e il management.
Per tale motivo un re-startupper deve avere l’umiltà di studiare pregi e difetti della gestione precedente entrando in sintonia con il management.
L’altra qualità è quindi l’empatia che è necessaria per acquisire la fiducia di coloro che, probabilmente, faticheranno a identificare i propri errori senza urtare la loro sensibilità.
Se ci sono i presupposti, come un mercato in crescita, un prodotto valido e innovativo o opportunità di internazionalizzare, tutto ciò che serve è identificare gli ingredienti per ripartire cercando di non essere invadente e puntando sulle regioni esatte per cui l’azienda è entrata in crisi.
3. Carisma e leadership
Per risolvere una crisi è però essenziale arrivare a prendere delle decisioni con la giusta determinazione. Un re-startupper deve quindi avere la freddezza simile a un chirurgo che si trova davanti a una scelta durante un’operazione.
Nonostante ciò, è altrettanto importante mostrare entusiasmo e cercare di influenzare gli altri attraverso il carisma e le doti di leadership, senza imporre le proprie scelte senza aver ottenuto il consenso.
L’azienda può essere andata in crisi, come capita spesso, a causa della pressione del fisco o per il ritardo nel “go to market” di un prodotto che ha provocato una lievitazione dei costi. Oppure ci sono problemi più nascosti che necessitano di decisioni radicali, come il taglio del personale o la ristrutturazione della forza commerciale.
Un bravo re-startupper è innanzitutto un leader che è in grado di acquisire la credibilità necessaria per guidare l’azienda. È un vero e proprio mentore che viene seguito non come “salvatore”, ma come valido membro della squadra che è stato in grado di mostrare la strada per uscire dal guado.