Se sono riuscita in qualcosa, è stato rendere il brutto attraente
Miuccia Prada
Coco Chanel amava ripetere che la moda passa, mentre lo stile resta. L’abbigliamento non è solo una questione di tendenza, ma un capo diviene spesso quel contenitore troppo stretto delle pulsioni e sensazioni di uno stilista.
E’un sentimento che prende forma attraverso la stoffa: l’abito da semplice indumento si trasforma in un’opera d’arte. Il flusso interiore di uno stilista si oggettivizza all’interno di un capo, così come l’interiorità di un pittore si materializza attraverso una tela.
Stilista ed artista non si discostano di molto. Nel panorama delle passerelle non tutti fanno proprio questo credo, mentre altri ne fanno il proprio marchio di fabbrica.
Se c’è una donna che non è mai scesa a compromessi con i diktat della moda, è senza dubbio Miuccia Prada.
Biografia di Miuccia Prada
Miuccia Prada, all’anagrafe Maria Bianchi, nacque a Milano nel 1948. I suoi genitori erano un certo Mario Bianchi, e Luisa Prada, figlia di Mario Prada.
Ecco per comprendere la storia di Miuccia Prada dovremmo iniziare da molto prima della sua nascita. Nel 1913 il nonno Mario aprì un eccentrico negozio presso la galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Il suo non era un semplice negozio di pelletteria, ma una sorta di bazar in perfetto stile dannunziano dove si potevano scovare gli oggetti coloniali più svariati, come le pelli d’elefante.
Nonno Mario non voleva assolutamente che l’impresa passasse nelle mani di una donna. I figli maschi però si rifiutarono di prendere le redini dell’azienda di famiglia, e così alla morte di Mario nel 1958, l’attività passò nelle mani di Luisa, la mamma di Miuccia Prada.
Miuccia nel frattempo assaporava la sua vita da adolescente. Una volta terminato il liceo si iscrisse a Scienze Politiche. Era una sessantottina,e per lei giovane anticonformista, il fascino della contestazione fu qualcosa di irresistibile.
Prese la tessera del PCI, e la moda non rientrava certo nei suoi canoni. L’abbigliamento era uno strumento per continuare a mantener vivo quello stereotipo di donna contro il quale ostinatamente lottava durante le manifestazioni.
Aveva altri sogni. Prese a frequentare il Teatro Piccolo di Milano. Fondato da Giorgio Stehler, si rifaceva a quella nuova forma di drammaturgia ispirato ad autori come Berthold Brecht. Si contestava la società contemporanea, e lo si metteva in scena: anche la cultura era un veicolo per cambiare lo stato delle cose.
Il destino però spesso ci riserva via diverse da quelle immaginate. E così, nel 1978 subentrò a sua madre alla guida dell’attività di famiglia.
Un anno prima conobbe Patrizio Bertelli, un imprenditore proprietario di una società attiva nel mercato del cuoio. Diventerà l’uomo della sua vita, e non solo. All’epoca i due non sapevano ancora che si sarebbero trasformati nei “Bonny & Clide” della moda: a lei l’estro e la creatività, a lui le capacità aziendali e gestionali.
La rapida ascesa di Miuccia Prada
Miuccia Prada amava la moda, ma non la moda delle vetrine, bensì la propria immagine di moda.
Per comprendere pienamente la sua idea di stilista possiamo rifarci ad una sua intervista esplicativa, dove affermava:
“il brutto è attraente, il brutto è eccitante. Forse perché è più nuovo. Per me la ricerca del brutto è più interessante dell’idea borghese di bellezza. E perchè? Perchè il brutto è umano. Tocca il lato cattivo e sporco delle persone. Nella moda è qualcosa di scandaloso, ma nelle altre forme d’arte è normale: nella pittura e nei film la bruttezza è all’ordine del giorno. Ma nella moda non era così, per questo sono stata tanto criticata, per aver inventato la spazzatura e la bruttezza.”
Quando Miuccia Prada rilevò l’azienda di famiglia, essa non era ormai più da tempo un punto di riferimento per la borghesia milanese. I fasti della prima metà del Novecento erano ormai terminati.
Forse memore del suo passato di contestatrice, rivoluzionò completamente lo stile della boutique.
Ideò una particolare fibra di nylon setoso, il pocono, resistente ed impermeabile, e realizzò la prima linea di zainetti da donna. Non erano all’insegna della bellezza, ma della praticità. Fu un record di vendite.
Il nuovo marchio Prada, ideato dalla stessa Miuccia, il famoso triangolo all’ingiù che si rifaceva ai dettagli dei bauli del nonno, acquistò fama internazionale.
Nel 1988 Miuccia Prada creò la sua prima linea di prêt-à-porter. Erano gli anni ’80, gli anni in cui spopolava l’edonismo e l’ostentazione. In Italia, l’immagine della donna era rappresentata in trasmissioni come Drive-In: cotonata, formosa, bellissima, poco loquace e poco vestita.
Miuccia Prada andò totalmente controcorrente. Privò la donna di quella carica di iper-sensualità che caratterizzava quegli anni. Si ispirò agli abiti delle vecchie sartorie fatti di nuance scure ed eleganti, che poco lasciavano intravedere. Prese spunto dalle tovaglie di plastica e dalle tende degli anni ’50 e ’60. Lanciò uno dei suoi must: le scarpe aperte con le calze di lane.
Era tutto oggettivamente “brutto”, ma al tempo stesso liberava la donna dallo stereotipo, e la rendeva desiderabile solo per se stessa. Qualcuno osò dire che la collezione di Miuccia Prada non fosse altro che un distillato della sua personalità.
In pochi apprezzarono la sua collezione, ma lei imperterrita continuò per la sua strada. La tenacia la ripagò: Prada iniziò ad essere notata oltreoceano e conquistò le passerelle mondiali.
Nel 1993 ideò una nuova linea “Miu Miu” dedicata ai più giovani. Prese spunto da una delle passioni di Patrizio: la vela. Ideò una collezione che ruotava completamente intorno ai colori e al nylon, l’elemento principe per le vele. Fu un altro successo globale.
Miuccia Prada non perse però mai l’amore per la cultura, e nello stesso anno inaugurò la Fondazione Prada. Essa si occupa tutt’oggi dell’organizzazione di mostre di arte contemporanea, rassegne cinematografiche ed eventi culturali.
Miuccia Prada dimostra, anche attraverso la fondazione, la volontà di non essere una semplice stilista, ma di essere un’artista a tutto tondo. Un giorno, incalzata da una giornalista, rispose così: “Sono una scrittrice. Il mio lavoro è inventare persone.”
I libri su Miuccia Prada
- Gian Luigi Paracchini, Vita Prada. Personaggi, storie, retroscena di un fenomeno di costume, Dalai Editore
- Miuccia Prada, Kayoko Ota, Waist down. Miuccia Prada: arte and creativity, Progetto Prada Arte, 2006
- Miuccia Prada, Patrizio Bertelli, Prada, Fondazione Prada, 2009
Le “perle” di Miuccia Prada
Il contributo dato alla moda da Miuccia Prada è stato riconosciuto a livello internazionale anche attraverso prestigiosi riconoscimenti. Nel 2012 il Metropolitan Museum of Art di New York la celebrò nella mostra “Elsa Schiapparelli e Miuccia Prada. Impossible conversations”. Nel 2014 la rivista Forbes la dichiarò la 75esima donna più potente nel mondo, e nel 2015 il Presidente Mattarella le conferì l’onorificenza di cavaliere di gran croce.
Potremmo provare a prendere spunto da lei con alcune delle sue frasi più memorabili:
- Non è necessario essere mainstream. “Il mondo tende alla banalità”
- L’abito non crea uno stereotipo, ma è una proiezione di noi stessi. “Ho sempre amato gli abiti e ancora oggi li amo e penso che non ci sia niente di sbagliato”
- Sii prima di tutto a tuo agio con te stessa. “Non approvo tutto ciò che normalmente la gente ritiene possa rendere una donna bella”
- Sii semplicemente unica. “Scelgo sempre di fare l’opposto”
- Stabilisci le tue priorità senza condizionamenti. ” Quando sono da sola a letto, alle cinque di mattina, penso: cos’è che ti importa davvero?”