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Guida Completa Regime dei Minimi: Cos’è, Come Funziona, Quali Sono i Requisiti Richiesti

regime dei minimi

Regime dei minimi come funziona? Regime dei minimi o regime forfettario sono la stessa cosa? Quali sono requisiti regime dei minimi?

Se sei curioso di conoscere la risposta a queste domande sei nel posto giusto perché in questa guida ti dirò tutto quello che serve per aprire partita iva regime dei minimi.

Cosa vuol dire regime dei minimi

Quando si parla di regime dei minimi si fa riferimento ad un regime fiscale agevolato che si applica ad imprenditori e liberi professionisti che soddisfano determinati requisiti.

Fino al 2015, esisteva una distinzione fra regime forfettario e regime fiscale dei minimi, ma dal primo gennaio di quell’anno questa differenza è stata abolita quindi, oggi, esiste un unico sistema fiscale agevolato che può essere utilizzato adottato dai contribuenti a partita iva che rientrano entro particolari limiti di reddito.

Il regime ex dei minimi che è stato sostituito dal nuovo regime dei minimi è rimasto in piedi solo per quei contribuenti che avevano aperto partita iva regime dei minimi prima del 2015 fino alla naturale scadenza.

Come funziona il regime dei minimi

La cosa più importante da dire è che per poter accedere al regime dei minimi (o forfettario) bisogna soddisfare determinati requisiti. Il regime dei minimi requisiti si suddividono a loro volta in:

  1. Requisiti soggettivi
  2. Requisiti oggettivi

I requisiti soggettivi regimi dei minimi comportano che questo regime agevolato possa essere applicato solo alle persone fisiche esercenti attività d’impresa (oppure alle imprese familiari) e non alle società di persone. Inoltre, non possono usufruire del regime forfettario:

  • Coloro che abbiano percepito, nell’anno precedente, redditi di lavoro dipendente d’importo superiore a 30 mila euro (se tale rapporto di lavoro è ancora in essere. Tale requisito non si applica invece qualora il rapporto di lavoro dipendente fosse cessato l’anno fiscale precedente);
  • Gli esercenti non residenti, esclusi quelli che risiedono in uno Stato dell’Unione Europea e producono in Italia almeno il 75% del loro reddito;
  • Gli esercenti che effettuano in via prevalente o esclusiva cessioni di fabbricati, terreni edificabili o mezzi di trasporto;
  • Infine, gli esercenti che partecipano a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari oppure hanno il controllo diretto o indiretto di srl o associazioni in partecipazione.

Per quanto riguarda invece i requisiti oggettivi, questi sono stati modificati nuovamente dal Decreto Bilancio 2020 il quale ha stabilito che:

  • L’accesso e il mantenimento del regime dei minimi è possibile solo per quegli esercenti con reddito annuale (ricavi e compensi) inferiore ai 65 mila euro senza limiti per quanto riguarda il tipo di attività svolta;
  • Le spese sostenute per il personale dipendente o assimilati non devono superare i 20 mila euro annui lordi. Abrogato invece il limite relativo ai beni strumentali.

Non ci sono invece requisiti d’età o temporanei, in quanto il nuovo regime dei minimi o forfettario può essere mantenuto per tutto il tempo in cui si vuole purché vengano mantenuti tutti i requisiti minimi oggettivi e soggettivi.

Quale regime dei minimi scegliere

Come ho detto all’inizio oggi esiste un unico regime fiscale agevolato chiamato nuovo regime dei minimi che racchiude in se l’ex regime dei minimi e il regime forfettario.

Tuttavia, esiste comunque la possibilità di differenziare il regime fiscale applicato adottando il regime forfettario o dei minimi con tassazione al 5% per i solo primi 5 anni di attività con partita iva.

Questa ulteriore agevolazione è consentita solo agli esercenti che aprono per la prima volta la partita iva qualora lo loro nuova attività non sia in alcun modo assimilabile all’attività svolta precedentemente sia come lavoro autonomo che come lavoro dipendente.

L’unica eccezione è rappresentata dalle Start Up, che possono godere per tutto il tempo che mantengono questo status dell’aliquota sostitutiva pari al 5%.

Per tutti coloro che non rientrano in queste categorie (neo partite iva e titolari di Start Up), ma che hanno comunque tutte le carte in regola per aderire al regime dei minimi, l’aliquota d’imposta applicata è pari al 15%. Questa viene detta anche “imposta sostitutiva” in quanto sostituisce di fatto, in un’unica voce, tutte le altre imposte dovute dai lavoratori autonomi quali IRPEF, IRAP, addizionali comunali e regionali.

Regime dei minimi: cosa posso scaricare

I due concetti di “imposta sostitutiva” e di “regime forfettario” presuppongono che al lavoratore autonomo venga riconosciuto un regime fiscale agevolato indipendentemente dal reddito effettivamente percepito, purché questo rimanga entro una certa soglia.

Dalla base imponibile non vengono quindi sottratte tutte le spese effettivamente sostenute per lo svolgimento della propria attività, ma anche in questo caso saranno calcolate per ciascun esercente delle “spese forfettarie” in base al Codice ATECO di appartenenza. Questo non è altro che un codice alfanumerico che ti viene assegnato in occasione dell’apertura della p.iva. ed è diverso a seconda della tua attiva.

Ora, per farla breve, a ciascun codice ATECO è assegnato un diverso coefficiente di redditività (in altre parole la somma dei ricavi) il quale serve a determinare anche le spese forfettarie.

Ecco un esempio per comprendere meglio: mettiamo che tu sia un libero professionista con coefficiente di redditività del 78%. In tal caso le tue spese forfettarie saranno pari al 22%, quindi, nel caso di un reddito complessivo di 55 mila euro, il tuo reddito imponibile lordo equivarrà a 42.900 euro. La parte restante (12.100 euro) farà riferimento invece alle spese previste per la tua attività in base al criterio forfettario.

Per conoscere quindi il reddito imponibile netto per il calcolo delle imposte da versare, dovrai sottrarre dall’importo del reddito imponibile loro il totale dei contributi dell’anno precedente. A questo punto, dovrai applicate l’aliquota del 15% (o del 5% in caso di nuova attività nei primi 5 anni dall’apertura di p.iva).

Quali sono i contributi da versare

Oltre al versamento delle tasse, i contribuenti sono tenuti anche a versare i contributi pensionistici relativi allo svolgimento della loro attività.

La prima cosa da dire, a tal proposito, è che mentre l’imposta sostitutiva è calcolata sul reddito imponibile netto (reddito imponibile lordo meno contributi anno precedente), i contributi sono calcolati sul reddito imponibile lordo e, nel caso di liberi professionisti iscritti alla Gestione Separata INPS, questi ammontano al 25,72% (ridotto al 24% qualora tu svolga anche attività di lavoratore dipendente e quindi sia obbligato alla doppia contribuzione).

I lavoratori che invece hanno una loro cassa specifica di previdenza come ad esempio i commercialisti o gli avvocati, dovranno invece fare riferimento al loro ordine o cassa di appartenenza per sapere la quota annua di contributi previdenziali da versare.

Anche la vasta categoria degli artigiani e commercianti, in cui rientrano anche i rappresentanti ed agenti di commercio, idraulici, falegnami, pasticceri, elettricisti e così via, usufruiscono di un regime contributivo riservato. Queste figure professionali sono infatti tenuti a pagare i contributi sia in parte fissa che in parte percentuale in base ai ricavi conseguiti nell’anno fiscale di riferimento.

Artigiani (elettricisti, falegnami, pizzaioli ecc.) e commercianti (agenti di commercio, procacciatori d’affari ecc.), i quali possiedono delle normative particolari in materia di previdenza. Questi soggetti sono infatti tenuti a versare a titolo di contributi sia una parte fissa, che una percentuale legata ai ricavi complessivamente conseguiti.

Per quanto riguarda la parte percentuale, le aliquote artigiani che devono essere applicate per calcolare l’importo dei contributi da versare all’INPS sono così fissare:

  • Artigiano con più di 21 anni: 24%;
  • Artigiano con meno di 21 anni: 21%.

I commercianti devono invece aggiungere un contributo aggiuntivo dello 0,09%, arrivando così ad un’aliquota pari al 24,09% o 21,09% nel caso di lavoratori autonomi con meno di 21 anni, con maggiorazioni ulteriori dell’aliquota in base allo scaglione di reddito.

L’ammontare della parte fissa è invece stabilito ogni anno direttamente dall’INPS in base al limite di reddito e successivi scaglioni: nel 2020, ad esempio, i contributi fissi per gli artigiano o commercianti con reddito fra zero e 15.953 euro sono pari a 3.836,16 € con una riduzione del 35% per gli aderenti al regime forfettario.

Volendo quindi fare un esempio, mettiamo che tu sia un falegname con partita iva con reddito di 60 mila euro e aderente al nuovo regime dei minimi. In questo caso verserai € 3.836,16 di contributi fissi più contributi variabili in base alle aliquote stabilite annualmente pari a € 10.697,49, per un totale di € 14.533,65 che, con la riduzione del 35%, scendono a € 9.446,87.

Quando si esce dal regime dei minimi

Per poter mantenere il regime dei minimi, il contribuente non dovrà superare i limiti imposti dei requisiti oggettivi, vale a dire la soglia di reddito di 65.000 euro e le spese per dipendenti e collaboratori inferiori a 20.000 euro.

Il superamento di queste soglie comporta la perdita dello status di contribuente che ha diritto a richiedere il nuovo regime dei minimi, quindi questo significa che nell’anno fiscale successivo questi dovrà per forza adottare il regime fiscale ordinario.

Tutto chiaro? Pensi di avere adesso tutte le informazioni necessarie su come funziona il regime dei minimi? Se avessi bisogno di confrontarlo con il regime ordinario e gli scaglioni IRPEF 2021 leggi anche Scaglioni Irpef 2021: Quali Sono e Come si Calcola L’Irpef sullo Stipendio.

Redazione di Intraprendere

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La redazione di Intraprendere è formata da un team specializzato in ogni aspetto riguardante il mondo dell’imprenditoria: da come acquisire il giusto mindset per iniziare alle migliori tecniche per promuovere il tuo business.

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