In campo aziendale oggi ci sono diverse strategie che permettono di migliorare i risultati e raggiungere più facilmente determinati obiettivi. Una delle tecniche più utilizzate negli ultimi anni è sicuramente il crowdsourcing, un mezzo utilizzato sia per l’esternalizzazione del lavoro sia per la raccolta di informazioni e opinioni.
Ma crowdsourcing cosa vuol dire e come funziona? Scopriamolo in questa guida dedicata!
Cos’è il crowdsourcing?
La definizione di crowdsourcing è stata delineata per la prima volta nel 2006 all’interno di un articolo di Jeff Howe, un giornalista americano, che aveva usato questo termine per definire una nuova forma di collaborazione partecipativa a livello lavorativo che si stava diffondendo molto negli Stati Uniti.
Dal punto di vista etimologico, invece, il significato di crowdsourcing dev’essere rintracciato nell’unione della parola inglese crowd (folla) e della parola outsourcing (esternalizzazione).
Ma cosa s’intende esattamente per crowdsourcing oggi? Nello specifico con l’uso di questo termine si va ad identificare un modello economico che si basa sulla condivisione delle conoscenze per l’ideazione, realizzazione di progetti in ambito lavorativo, ma non solo. Infatti, questo concetto in realtà ha radici antecedenti al 2006.
Nello specifico si basa sulla teoria della Saggezza delle folle dello scienziato britannico Sir Francis Galton che nel 1906 aveva scoperto come un grande gruppo di persone potesse fornire insieme intuizioni e valori sorprendenti, anche se questi individualmente sono privi d’ispirazione oppure imprecisi.
Anche se il concetto ha le radici in una teoria scientifica di oltre un secolo fa, in ambito economico oggi il termine crowdsourcing definisce nello specifico:
Un modello di business utilizzato da aziende e istituzioni, che prevede l’affidamento della progettazione, sviluppo e realizzazione di un progetto a un gruppo di persone indefinite e non organizzate. Nello specifico questo processo viene favorito dall’impiego degli strumenti messi a disposizione dal web.
Infatti, tra gli esempi di crowdsourcing di stampo volontario è possibile trovare Wikipedia, essendo un’enciclopedia alla quale contribuiscono persone di tutto il mondo.
Come funziona il crowdsourcing?
Crowdsourcing: come funziona? Il crowdsourcing prevede dunque l’esternalizzazione del lavoro per la realizzazione di un progetto coinvolgendo un numero di persone indefinite. Queste persone possono partecipare in modo volontario, al fine di ottenere un riconoscimento sociale o economico.
Alcune aziende, ad esempio, utilizzano il crowdsourcing per riuscire a generare nuove idee oppure per il raggiungimento di specifici obiettivi.
Infatti, mentre con l’outsourcing si vanno a coinvolgere aziende che scelgono freelance o appaltatori per un lavoro specifico, il crowdsourcing coinvolge un gruppo molto ampio e spesso indefinito.
Inoltre, le persone che si trovano all’interno di un gruppo di crowdsourcing non hanno alcun legame né tra di loro né con il business, a parte il contributo che andranno a fornire al progetto.
Oltre che dal punto di vista della realizzazione di determinati progetti, spesso il crowdsourcing viene utilizzato per ottenere da grandi gruppi di persone dati preziosi come recensioni o approfondimenti sul comportamento in determinate situazioni.
Tra gli esempi di crowdsourcing partecipativo e volto all’ottenimento di informazioni possiamo prendere in esame TripAdvisor, una piattaforma destinata principalmente a raccogliere da persone di tutto il mondo recensioni su: hotel, ristoranti, negozi, servizi e attrazioni turistiche.
Il crowdsourcing trova proprio nel mondo online un terreno fertile, perché è molto più semplice raccogliere e includere all’interno di un progetto o di un’attività un numero indefinito di persone provenienti da varie parti del mondo oppure da specifiche zone. Internet, infatti, permette una comunicazione più veloce ed efficiente, elemento fondamentale di un’attività di crowdsourcing.
L’applicazione di un business model basato sul crowdsourcing vincente ha prodotto come risultato realtà come Lyft e Uber.
Queste aziende usano in modo efficace questo sistema economico nel campo dei trasporti, sfruttando un gruppo di persone indefinito e non collegato tra loro che offre un servizio efficiente di trasporto.
Sfruttando questo sistema e dando un riconoscimento economico ai partecipanti, queste aziende hanno risparmiato sui costi della manodopera riuscendo comunque a creare un business milionario, e garantendo ai clienti l’accesso immediato a un sistema di trasporto più economico e affidabile.
Differenze tra crowdsourcing volontario e retribuito
Il lavoro svolto in crowdsourcing come abbiamo visto può essere volontario, quindi sprovvisto di qualunque remunerazione, oppure può essere retribuito.
Il crowdsourcing volontario può essere sfruttato dalle aziende per riuscire a generare idee, ottenere informazioni, effettuare ricerche di mercato, creare iniziative solidali.
Infatti, spesso questa forma di crowdsourcing è molto usata da parte delle aziende no profit e che collaborano al fine di contribuire a una causa onorevole.
Un esempio, in campo di volontariato, può essere quello di Change.org, una piattaforma dedicata alla creazione di campagne di protesta per riuscire a cambiare o influenzare specifiche situazioni cercando di ottenere attenzione da parte di istituzioni e aziende. Il crowdsourcing volontario spesso viene utilizzato dalle aziende anche per raccogliere idee innovative.
Ad esempio, il lancio di un contest per la creazione di un nuovo logo o per la realizzazione di un nuovo prodotto. In questo caso non si offre al vincitore un corrispettivo per il lavoro, ma un premio che può essere costituito da buoni o voucher.
Quindi più che per un vero pagamento, in questo caso, si partecipa per ottenere un riconoscimento sociale.
Dal punto di vista invece del crowdsourcing retribuito le aziende di solito sfruttano questo modello per ottenere un servizio ottimale, offerto da un gruppo di persone indefinito, che si vogliono affiliare o impegnare, per ottenere un riconoscimento monetario che non è fisso ma generalmente corrisposto in base alle prestazioni effettuate per l’azienda.
Con il crowdsourcing retribuito dunque si paga la manodopera offerta da un gruppo di persone, offrendo loro la possibilità sia di svolgere sia lavori di routine che micro lavori.
Ad esempio in Uber i guidatori possono scegliere se fare di questo un lavoro una routine, offrendo il loro servizio tutti i giorni, o se svolgerlo solo nel weekend o in orari prestabiliti.
Un altro esempio di micro lavoro, invece, è quello offerto dal Mechanical Turk di Amazon che permette a chiunque lo desideri di portare a termine delle micro task che poi vengono ricompensate in base al lavoro svolto.
Vantaggi e svantaggi del crowdsourcing
Il Crowdsourcing ha di certo vantaggi e svantaggi per le aziende che scelgono di avvalersi di questo servizio.
Tra i principali vantaggi ci sono:
- Risparmio sull’assunzione dei dipendenti: il lavoro in crowdsourcing è più economico rispetto all’assunzione a tempo pieno di operai e lavoratori Inoltre, potrebbe essere perfino non retribuito spingendo un gruppo di persone a partecipare a un progetto per motivi che esulano da quelli economici;
- Aiuta a far emergere idee originali: il crowdsourcing permette di ottenere dei risultati positivi, in quanto i partecipanti sono più stimolati rispetto che con un approccio tradizionale e riescono a pensare a idee non convenzionali;
- Riduzione del rischio d’impresa: con il crowdsourcing si esternalizza il rischio. Questo vuol dire che l’azienda non rischia tempo, denaro e lavoro per svolgere determinate attività, ma accetta esclusivamente i risultati che soddisfano i suoi requisiti.
Quali sono invece gli svantaggi dello sfruttamento del crowdsourcing nel proprio business plan?
Tra i principali svantaggi troviamo:
- Un controllo limitato: l’approccio tradizionale permette all’azienda di supervisionare il progetto dall’inizio alla fine. Nelle campagne di crowdsourcing bisogna considerare che anche un piccolo errore di comunicazione sull’obiettivo da raggiungere potrebbe portare il progetto in una direzione completamente sbagliata, e risultare alla fine una perdita di tempo.
- La quantità potrebbe superare la qualità: quando si esternalizzano le attività a gruppi di persone molto grandi e a soggetti diversi tra loro e che non hanno alcun contatto diretto, è possibile che la quantità di individui che collaborano tra loro non sia ottimale. Perché magari non tutti hanno le stesse competenze, conoscenze o ci mettono la stessa passione per riuscire a dare un contributo ottimale al progetto.
In definitiva, il crowdsourcing è l’esternalizzazione del lavoro creativo o di routine svolto da un gran numero di persone che tra di loro non hanno legami, e che collaborano per compiere un lavoro, un progetto o per raggiungere un obiettivo remunerato o meno.
Il crowdsourcing è un modo per le aziende per far emergere idee originali e riuscire anche a risparmiare sui costi della manodopera.
Sicuramente per alcune aziende questa può essere una soluzione ottimale, in quanto, come abbiamo visto per Uber, può aiutare nello sviluppo di un modello di business che porta dei guadagni sia all’azienda sia ai suoi collaboratori.
Dall’altra parte, però, il crowdsourcing ha un controllo limitato sul prodotto e in alcune occasioni si traduce in risultati di scarsa qualità.
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