Ritenuta d’Acconto: Tutto Quello che Devi Sapere Prima di Compilarla

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La ritenuta d’acconto è un modello che permette di tutelare e pagare le tasse dovute allo Stato nel momento in cui si esegue una prestazione di lavoro autonomo occasionale o in altre occasioni nelle quali non è possibile eseguire una fattura tradizionale, e c’è la necessità di corrispondere correttamente le tasse sui proventi ricevuti allo Stato Italiano.

Infatti, devi sapere che esiste un modello ritenuta d’acconto per varie esigenze e casistiche. Vediamo dunque insieme cos’è e come funziona la ritenuta d’acconto.

Ritenuta d’acconto: cos’è?

Come ti ho accennato ci sono diversi modelli per il pagamento ritenute d’acconto, nonostante ciò quelle più utilizzate sono sempre le stesse.

Ad esempio, con questa è possibile lavorare senza partita IVA o ricevere un pagamento con ritenuta d’acconto nel momento in cui non si può procedere alla fattura tradizionale.

Una delle principali differenze che troviamo nelle ritenute d’acconto è quella fra titolo d’imposta e titolo di acconto. 

La ritenuta d’acconto a titolo d’imposta

In questo caso si applica solo il versamento dell’aliquota pari al 20%, in questo caso la tassazione sul compenso viene corrisposta direttamente all’erario da chi ha commissionato il lavoro, una volta pagata questa cifra non si deve corrispondere più nulla per i proventi ottenuti.

La ritenuta d’acconto a titolo d’acconto

In questo caso la ritenuta è solo un acconto sul complesso delle tasse da pagare. In questo caso, il datore di lavoro se deve corrispondere al suo collaboratore 2.000 mila euro, al netto gliene pagherà solo 1.800, mentre il restante 20% sarà versato dal datore di lavoro all’erario rappresentando un anticipo sulle imposte da pagare.

Dunque in questo caso al momento della dichiarazione dei redditi chi deve pagare le tasse, dovrà corrispondere il 23% a titolo di Irpef sulle ricevute emesse, dalle quali bisognerà comunque sottrarre le ritenute già versate per conto del lavoratore dal suo datore di lavoro o cliente. 

Ritenute d’acconto: le principali tipologie

Come accennate non esiste una sola forma di ritenuta d’acconto ma ve ne sono diverse e con varie aliquote applicate.

Ecco le più utilizzate:

  • La ritenuta d’acconto prestazione occasionale per liberi professionisti: questa viene applicata nel momento in cui si lavora come libero professionista senza partita IVA (nei limiti dei 5.000 mila euro annui) e si offre un servizio a un’azienda o impresa.
  • Ritenute sui redditi di capitale: questa ritenuta d’acconto prevede che nel momento in cui vengono percepiti dei proventi da un investimento finanziario, vengano applicate delle ritenute a titolo d’imposta o d’acconto pari al 12,5%, 20% o 26% a seconda dalla natura dello strumento finanziario che ha portato dei proventi.
  • Ritenute d’acconto da lavoro dipendente: anche i lavoratori dipendenti in realtà presentano una ritenuta d’acconto. In questo caso, in busta paga il lavoratore a titolo di Irpef corrisponde ogni mese le tasse sul suo compenso mensile. Alla fine durante la dichiarazione dei redditi i pagamenti Irpef già effettuati mensilmente dall’azienda e detratti dalla busta paga, verranno detratti ulteriormente dalle tasse che deve pagare il dipendente.

Ritenuta d’acconto: quando può essere applicata?

La ritenuta d’acconto può essere applicata in varie situazioni e con varie aliquote a seconda dei casi. Secondo quanto disposto dalla legge una fattura con ritenuta d’acconto o una semplice ritenuta d’acconto a titolo d’imposta o d’acconto può essere applicata per: 

  • Prestazioni di lavoro occasionali o autonomo: in questo caso la ritenuta è a titolo d’acconto e l’aliquota da pagare è pari al 20%.
  • Compensi erogati agli amministratori condominiali: la ritenuta è a titolo d’acconto e presenta un’aliquota pari al 20%.
  • Redditi derivanti dall’uso di opere d’ingegno, brevetti di processi, formule e industriali: con ritenuta a titolo d’acconto e aliquota tra il 20 e il 25%.
  • Utili ottenuti per i contratti di associazione in partecipazione: a titolo d’acconto con un’aliquota del 20%.
  • Prestazioni di lavoro autonomo per i soggetti non residenti in Italia con imposta a titolo d’imposta l’aliquota è pari invece al 30%.
  • Partecipazioni agli utili per associazioni percepiti da soggetti non residenti con ritenuta a titolo d’imposta pari al 30%.
  • Proventi provenienti dalla mediazione e dal procacciamento di affari, e in rappresentanza di commercio, questa è a titolo d’acconto e pari al 20%.
  • Proventi da incaricati per le vendite a domicilio a titolo d’imposta con un aliquota pari al 23%.

Ritenuta d’acconto liberi professionisti per lavoro occasionale: come funziona?

Dato che la fattura per prestazione occasionale con ritenuta d’acconto è quella più conosciuta e utilizzata, vediamo nel dettaglio cos’è e come funziona. 

La ritenuta d’acconto infatti può essere utilizzata per pagare un collaboratore che ha eseguito un lavoro circoscritto a quella mansione limitata nel tempo e nell’impegno.

Questo strumento ad esempio è molto utilizzato dai liberi professionisti che non hanno ancora aperto una partita IVA.

Ad esempio, ci sono i giornalisti che hanno iniziato da poco a lavorare e non desiderano l’onere di una partita IVA.

Quindi la ritenuta d’acconto va a colmare l’esigenza del datore di lavoro di giustificare l’esborso di denaro, anche senza la presenza di una vera e propria fattura.

I collaboratori che sfruttano la ritenuta d’acconto per lavorare come autonomi e liberi professionisti senza partita IVA, devono considerare che i compensi ricevuti per le collaborazioni occasionali non devono superare i 5.000 euro lordi in un anno solare.

Quindi nel momento in cui si superano i 5.000 euro, come liberi professionisti o autonomi è obbligatoria l’apertura della partita IVA e l’inquadramento Inps e Inail.

La ritenuta d’acconto, nel momento in cui viene applicata, dev’essere sempre indicata all’interno del modulo prestazione occasionale per confermare che sia avvenuta una prestazione professionale per quello specifico datore di lavoro.

La ritenuta d’acconto poi verrà calcolata sul totale della fattura e da questa verranno scomputate dunque direttamente le tasse. La ritenuta d’acconto copre solo le tasse sui redditi percepiti, quindi non assolve al pagamento dei contributi previdenziali (che sono obbligatori solo nel momento in cui si apre la partita IVA).

Come calcolare la ritenuta d’acconto per liberi professionisti?

Come si calcola la ritenuta d’acconto? Il calcolo ritenuta d’acconto in realtà è abbastanza semplice. Infatti per conteggiarla basta conteggiare il 20% sul totale percepito, nel caso in cui si risieda nello Stato Italiano.

Quindi ad esempio se il compenso da percepire è di 1.000 euro lordi, al netto il datore di lavoro ne pagherà 800 euro al professionista e 200 euro li dovrà versare all’erario.

Nel caso in cui il professionista risieda all’estero la percentuale da conteggiare sarà del 30%.

Quindi se il compenso lordo è pari a 1.000 euro, la ritenuta sarà di 300 euro, quindi il compenso netto da versare al professionista sarà pari a 700 euro.

Come compilare la ritenuta d’acconto?

All’interno del modello per la ritenuta d’acconto bisogna specificare sia i dati del committente del lavoro sia quelli del professionista o autonomo che ha eseguito il lavoro. Quindi su questa si devono riportare: 

I dati del collaboratore: nome, cognome, indirizzo di residenza e codice fiscale

I dati del committente: nome, cognome, codice fiscale, indirizzo della sede fiscale dell’azienda o impresa e Partita IVA.

Oltre ai dati del collaboratore e committente vanno inseriti nel modello anche:

  • Numero della ricevuta e data in cui viene emessa 
  • Descrizione dell’attività svolta
  • Importo del compenso lordo 
  • Importo della ritenuta
  • Importo netto che rappresentano i soldi percepiti dal professionista

Una volta che la ritenuta d’acconto è stata compilata e consegnata al committente, il datore di lavoro dovrà versare l’importo netto al collaboratore con una forma di pagamento tracciabile come, ad esempio, un bonifico.

La ritenuta d’acconto invece dovrà essere versata allo Stato dal datore di lavoro a nome del collaboratore, il 16 del mese successivo rispetto a quando la ricevuta è stata emessa.

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Redazione di Intraprendere

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