Il mito di “Lavorare Duro” vs “Lavorare Smart”

smart working

Mike Rowe, il conduttore televisivo della popolare serie televisiva Lavori Sporchi (Dirty Jobs) in onda su Discovery Channel, ha recentemente messo in evidenza la dicotomia del nostro modo di vivere il lavoro al giorno d’oggi – da una parte c’è la visione romantica dell’operario old style, con l’ideale di “lavoro duro,” dall’altra la visione urbana del “lavoro smart,” intelligente, ottimizzato, bandiera di un’armata di lavoratori muniti di Blackberry.

 (letteralmente SMART è l’acronimo di Specific, Measurable, Achievable, Realistic, Time-bound)

Mentre i commenti di Rowe erano mirati ad illustrare il contrasto fra la nostra percezione del “lavoro da impiegato vs lavoro da operaio,” non potevo fare a meno di pensare alla quantità di articoli che ho letto a favore del lavorare smart contro il lavorare duro. Tutti quanti cominciano mettendo in discussione l’idea che sia necessario investire lunghe ore di lavoro nella strada che ci porterà al successo, per continuare sottolineando metodi sul come ridurre il numero di ore di lavoro ed incrementare la produttività, rivedendo le priorità e recuperando così parte del proprio tempo.

Il problema della dicotomia lavoro duro vs lavoro smart è che troppo spesso inquadriamo la questione come un bivio al quale siamo costretti a scegliere “duro” o “smart.” La domanda che dovremmo cominciare a porci è: perchè non facciamo entrambi?

In generale la nostra cultura ha sempre approcciato con reverenza il lavoro duro che porta al raggiungimento di risultati frutto di un’instancabile etica lavorativa, abnegazione ed umità. Questa mentalità di base, storicamente legata ad una visione agraria del lavoro, ha mantenuto il suo peso nell’arco dei secoli, mentre la società ha spostato il suo baricentro dalle campagne diventando industrializzata. Ma nel passaggio di trasformazione in economia di servizi – in particolar modo nella rivoluzione digitale dell’ultimo quarto di secolo – abbiamo cominciato a mettere in discussione il concetto di “lavoro duro,” e vederlo come una reliquia di un passato analogico, cominciando ad insegnare ai nostri figli a lavorare in maniera più furba, non più duramente (smarter, not harder).

La crescita della dottrina “smarter, not harder”, ha apportato diversi vantaggi per le generazioni più giovani. Confidando nella tecnologia ed imparando a settare le corrette priorità tempo-efficienza, siamo diventati multitasking e capaci utilizzatori del pensiero creativo ed imprenditoriale. Fin dalla nostra gioventù siamo stati addestrati al non essere mai soddisfatti dei modi convenzionali di fare le cose che ci venivano proposti ed a cercare una “trappola per topi sempre migliore.”

Lavorare in maniera smart può sicuramente essere visto come essenziale, ma è soltanto la metà dell’equazione. Nessun imprenditore di successo o dirigente di alto livello vi dirà mai che lavorare smart può sostituire l’applicarsi con il massimo impegno in ogni singola ora del giorno in cui siamo svegli. Per raggiungere il top nel vostro campo, è necessario non solo sfruttare tutti i vantaggi della tecnologia e lavorare efficientemente, ma anche essere il primo ad arrivare in ufficio e l’ultimo a scollegare il computer, sgobbando fin dalle prime ore del mattino, quando i vostri concorrenti stanno ancora dormendo. Lavorare smart ci consente di avere più tempo, ma questo non porta a nulla, a meno che non si faccia un uso ottimale del tempo guadagnato.

I CEO di maggior successo si svegliano in media alle 6:15 del mattino, e molti di loro prima delle 5, la maggioranza lavora inoltre almeno due ore a casa dopo cena. In alcuni casi arrivano ad avere una giornata lavorativa di 18 ore. Molti di questi leaders di industria collegano il loro successo al fatto di lavorare mentre la conocorrenza fa altro.

Alexis Ohanian, co-fondatore di Reddit.com, attribuisce il suo successo alla sua capacità di bruciare la candela da entrambi i lati, come dichiara nel suo libro recentemente pubblicato, Without Their Permission.

Come imprenditore della startup SCVNGR, con sede a Boston, che aiuta le aziende a coinvolgere i clienti attraverso giochi per smartphone location-based, afferma: “Lavoro al di fuori dalle normali ore di ufficio quasi quanto durante le ore d’ufficio. Intervisto persone il sabato, a tarda notte, nelle prime ore del mattino … Durante la fase di startup penso che occorra scegliere se essere produttivi o l’avere una vita sociale, ed io ho scelto di essere produttivo.”

Se vogliamo avere successo non dobbiamo semplicemente accontentarci di lavorare smart. Le persone con maggiore successo lavorano smart, ma lavorano anche eccezionalmente duro, mantengono lo stesso livello di impegno mentre imparano nuovi modi per fare le cose in maniera più efficiente. Non che tutti si debba aspirare a diventare CEO, ma per quelli di noi che puntano a raggiungere questo traguardo, trovare le metodologie più efficienti per portare a termine degli obiettivi rappresenta solo metà della battaglia.

In ultima analisi possiamo affermare che il duro lavoro o il lavoro smart presi a se stante non sono sufficienti per realizzare un business di successo – chiaramente ingegno, visione d’insieme, capacità di calcolo dei rischi e fortuna, fra gli altri, giocano anch’essi un ruolo di rilievo – ma sono entrambi essenziali, ed è ora di smetterla di considerarli come se fossero mutuamente esclusivi. I giovani professionisti e gli imprenditori in erba devono lavorare ancora più duramente, in maniera più smart, più a lungo e meglio – perchè i loro competitor già lo stanno facendo.

Alan Calaon

Alan Calaon

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