Hai deciso di avviare un’attività di lavoro autonomo ma non sei ancora pronto ad accollarti le spese di una partita IVA? Niente paura, anche in questo caso esistono delle alternative, ad esempio la ritenuta d’acconto. Scopriamo insieme come si esegue il calcolo ritenuta d’acconto.
Cosa è la ritenuta
Iniziamo col dire che non tutti i lavoratori autonomi possono lavorare con ritenuta di acconto.
La fattura con ritenuta di acconto è, infatti, ammessa solo in caso di prestazioni di lavoro occasionale.
È necessario quindi che siano rispettati alcuni limiti, in altre parole l’attività non dovrà essere di tipo continuativo e dovrà essere svolta in modo del tutto autonomo e senza vincoli da parte dell’azienda committente.
Scendendo più nel dettaglio, perché una prestazione occasionale sia ritenuta tale:
- Deve avere una durata di soli 30 giorni nell’arco di uno stesso anno solare;
- La somma di tutti i compensi percepiti non solo da quel committente ma da tutti non deve superare i 5.000 € netti l’anno.
Altra cosa importante è che, trattandosi di collaborazione occasionale, il lavoratore non è tenuto al versamento dei contributi pensionistici: l’unica tassa che dovrà versare allo Stato sui redditi percepiti sarà appunto la ritenuta d’acconto prestazione occasionale.
Volendo quindi definire cosa è la ritenuta d’acconto possiamo dire che si tratta di una forma alternativa di pagamento delle imposte ammessa dall’ordinamento giuridico italiano che si applica solo in caso di prestazioni di lavoro di tipo occasionale.
Ritenuta d’acconto: come funziona
Vediamo ora meglio come funziona la ritenuta di acconto.
La prima cosa da dire è che il pagamento della ritenuta d’acconto avviene attraverso il sostituto di imposta. In altre parole, a versare l’imposta non è il lavoratore in sé, ma il suo committente, il quale è autorizzato a trattenere l’importo corrispondente dal compenso stesso del collaboratore.
Questo significa che se fai una prestazione occasionale e non hai la partita IVA, il tuo cliente/ committente nel momento in cui ti salderà la fattura verserà per te allo Stato l’imposta corrispondente, utilizzando nel modello F24 il codice tributo 1040, equivalente ad una trattenuta Irpef. Il compenso che riceverai sarà dunque al netto della ritenuta applicata.
Tutto chiaro? Allora passiamo a vedere come si calcola.
Calcolo ritenuta d’acconto: come si fa
Se ti stai chiedendo come si calcola la ritenuta d’acconto, ti consiglio di prendere subito carta e penna per fare un po’ di prove insieme a me in modo da non sbagliare.
Allora, la prima cosa da sapere è che in genere la ritenuta d’acconto è pari al 20% dell’imponibile. Sale invece al 30% in caso il professionista che emette fattura con ritenuta d’acconto sia un soggetto residente all’estero e al 23% nel caso di compensi agli sportivi dilettanti o agli incaricati di vendita a domicilio.
Ecco quindi come funziona il calcolo della ritenuta d’acconto.
Se dal lordo vuoi ottenere netto e ritenuta fai così:
- Netto= Lordo X 0,8
- Ritenuta= Lordo X 0,2
Se dal netto vuoi ottenere il lordo e la ritenuta invece:
- Lordo= Netto : 0,8
- Ritenuta= Netto : 0,25
Tutto chiaro? Se hai qualche dubbio, fai delle prove e vedrai che calcolare la ritenuta di acconto è molto più facile di quello che sembra!
Ritenuta d’acconto: quando non si applica
La ritenuta d’acconto è applicata, oltre che sulle prestazioni di lavoro occasionale e sulle prestazioni di lavoro autonomo in genere, anche su altri tipi di compensi e prestazioni, ad esempio:
- Sui compensi erogati agli amministratori di condominio;
- Sui redditi derivanti dall’utilizzazione delle opere dell’ingegno, di brevetti industriali, di processi e formule;
- Sulle partecipazioni agli utili per contratti di associazione in partecipazione;
- Sui compensi per levata protesta esercitata dai segretari comunali;
- Sui rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari;
- aAgli incaricati alle vendite a domicilio.
Scorrendo questo elenco puoi comprendere che sono soggetti a ritenuta d’acconto tutti quei compensi provenienti da prestazioni di lavoro autonomo occasionale e le provvigioni inerenti i rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza e procacciatore d’affari.
Ci sono tuttavia alcuni casi in cui la ritenuta d’acconto non è dovuta. In particolare, la ritenuta non si applica:
- Quando il compenso è corrisposto per prestazioni di lavoro autonomo occasionale da enti pubblici e privati non commerciali;
- Se l’importo è inferiore a 25,82 euro.
La ritenuta d’acconto non è poi dovuta nel caso di prestazioni rese da coloro che aderiscono al regime forfetario e al regime dei minimi e qualora, anche nel caso di prestazione occasionale, il committente sia tenuto a rimborsare al prestatore solo le spese sostenute (ad esempio le spese di viaggio).
In questo ultimo caso, infatti, non è di fatto erogato alcun compenso e la prestazione è da considerarsi sostanzialmente gratuita, quindi non c’è neppure un reddito cui applicare l’aliquota corrispondente alla ritenuta.
Chi paga la ritenuta d’acconto
Come ho già anticipato, non è il lavoratore ma il committente a versare la ritenuta d’acconto a titolo di sostituto d’imposta.
Il pagamento avviene tramite modello F24 solitamente entro il 16 del mese successivo a quello dell’avvenuto pagamento.
Se il 16 è sabato o festivo, il versamento è posticipato al primo giorno lavorativo utile. Unica eccezione, il mese di agosto in cui la scadenza per il versamento è fissata al 20.
Ulteriore adempimento a carico di chi paga la ritenuta d’acconto è quello di inviare al lavoratore, entro il 28 febbraio dell’anno successivo, una certificazione che attesti l’avvenuto pagamento dei compensi e le trattenute effettuate.
Queste certificazioni saranno poi utilizzate dal libero professionista per presentate la dichiarazione dei redditi: in questo modo, infatti, potrà dimostrare di aver già versato parte delle tasse spettanti tramite il sostituto o i sostituti d’imposta.
Da aggiungere che, l’omesso versamento della ritenuta d’acconto entro i termini previsti da parte del committente, è un reato punito con la reclusione da sei mesi a due anni qualora l’importo superi i 150.000 €.
Ci sono poi conseguenze di tipo fiscale, per chi non versa le trattenute a prescindere dall’entità dell’omissione:
- sanzione pari al 20% dell’ammontare non trattenuto per chi non esegue le ritenute;
- sanzione pari al 30% dell’ammontare per chi, pur avendo eseguito la ritenuta, non ha proceduto ai versamenti.
È però possibile avvalersi del meccanismo del ravvedimento operoso che prevede una diminuzione delle sanzioni da 1/10 sino a un 1/5 del minimo a seconda del termine entro cui si provvede alla regolarizzazione.
Bene, adesso sai come si effettua il calcolo della ritenuta d’acconto. Hai mai preso in considerazione l’idea di aprire una partita iva? Clicca qui per scoprire quanto costi e quando ti converrebbe aprirla.